Il suo nome è Holi, ma è conosciuta in tutto il mondo come la “Festa dei Colori”. È una delle più importanti festività della religione induista, ed anche una della feste più amate da tutta la popolazione indiana.  Viene celebrata in ogni parte dell’India, ma anche in altri paesi con una grossa presenza induista, come il Nepal, il Pakistan, lo Shrilanka e molti altri. È una festa che coinvolge tutti indistintamente: i partecipanti sono persone di ogni età, sesso ed estrazione sociale.
Il giorno di Holi cade l’ultimo giorno di luna piena del mese induista chiamato Phalgun, che corrisponde più o meno al periodo che va da metà febbraio a metà marzo. I festeggiamenti, tuttavia, iniziano già dal giorno prima e, in alcune regioni dell’India, possono prolungarsi fino ad una settimana.

Holi è una festa gioiosa, una sorta di inno alla vita per celebrare il trionfo del bene sul male. È anche la festa della fertilità, che segna il passaggio dal gelo dell’inverno allo sbocciare della primavera, il periodo in cui la natura fiorisce a nuova vita. Non a caso, celebrare Holi è considerato anche un modo per ingraziarsi le divinità affinché facciano in modo che i raccolti siano ricchi e abbondanti. Nelle diverse zone dell’India la festa prende nomi diversi e viene celebrata con numerosissime varianti, pur mantenendo sempre lo stesso spirito gioioso che la caratterizza.

È una festa molto antica: alcune incisioni su pietra ritrovate a Ramgarh, nel Nord-Est dell’India, ci mostrano come le prime celebrazioni della festa di Holi risalgano addirittura a 300 anni prima della nascita di Cristo. Numerosi dipinti murali presenti all’interno di antichi templi induisti testimoniano come la celebrazione della festa fosse già molto diffusa anche nei secoli scorsi.
Questa festività trae le sue origini dalle antiche leggende della mitologia indù.

La notte prima della festa avviene la celebrazione di Holika Dahan: vengono accesi dei grandi roghi, con lo scopo di scacciare gli spiriti del male con la potenza del fuoco. Ad ardere fra le fiamme è infatti il fantoccio della demonessa Holika, sorella di Hiranyakashipu, il re dei demoni. Secondo la leggenda,  Hiranyakashipu si considerava il padrone di tutto l’Universo, superiore a tutti gli dei. Suo figlio Prahalad, tuttavia, era devoto a Vishnu, divinità del bene.  Hiranyakashipu decise di punire il figlio per il suo “tradimento” e ordinò a Holika di ucciderlo dandogli fuoco. Grazie alla protezione di Vishnu, Prahalad riuscì tuttavia a sfuggire all’agguato, mentre Holika morì vittima della trappola di fuoco che lei stessa aveva preparato. Il termine “Holi”, che da’ il nome alla festa, non a caso significa proprio “brucia”.
Il secondo giorno di festa, chiamato Dhulhendi, è la giornata principale della celebrazione di Holi, nonché la più attesa da tutta la popolazione. Bambini, adulti, anziani, tutti si riversano nelle strade vestiti di bianco e cominciano a rincorrersi, a danzare, a scherzare e a lanciarsi addosso acqua mescolata con polveri colorate. È un tripudio di balli, canti, grida gioiose e tanti, tanti colori. Nessuno è escluso dal lancio dei gavettoni colorati, neanche gli animali o gli ignari turisti di passaggio. Ogni colore ha un suo significato particolare: il verde rappresenta la vitalità, il blu la calma e l’armonia, l’arancione rappresenta l’ottimismo e il rosso la gioia e l’amore.
Dopo aver “imbrattato” la propria vittima si esclama a gran voce: “Bura Na Mano Holi Hai!”, che significa: “Non ti preoccupare, è Holi!”. Durante questa giornata di festa, infatti, le regole della vita di tutti i giorni vengono meno e anche le rigide strutture sociali si trovano ad essere sovvertite. Per un giorno, ricchi e poveri si ritrovano a festeggiare assieme, ogni barriera di divisione fra le caste viene abbattuta. Anche le donne che, troppo spesso, si trovano a vivere in condizione di inferiorità rispetto agli uomini, possono finalmente prendersi la loro rivincita. In alcuni villaggi è addirittura usanza che le donne picchino scherzosamente gli uomini con dei lunghi bastoni.
Anche l’abitudine di lanciarsi addosso polveri colorate trae origine da una leggenda induista, che parla del grande amore fra Krishna e Radha. Si narra che un giorno Krishna, geloso per la bellezza della pelle della sua amata Radha, decise di dipingerle la faccia, per renderla più simile alla propria. Proprio per questo, nel giorno di Holi gli innamorati usano dipingersi il volto a vicenda, in modo da sancire i propri reciproci sentimenti.
Dopo la giornata di frenetici festeggiamenti, la sera le persone si riuniscono con i propri parenti e amici, si scambiano auguri e regali, mangiano Shakarpari (dolce tipico della festa, fatto con farina, acqua e olio, inzuppato di sciroppo) e trascorrono assieme gran parte della notte, in modo da condividere questi momenti di gioia con le persone a cui vogliono più bene.

Negli ultimi anni, purtroppo, subendo la stessa sorte di molte altre feste tipiche della tradizione, Holi si è in parte trasformata in una festa commerciale, perdendo quella genuinità che caratterizzava il suo spirito originario. Inoltre, nei mercati e nei negozi hanno cominciato ad essere vendute polveri colorate chimiche, tossiche per la salute umana e inquinanti per l’ambiente. Proprio l’anno scorso alcuni bambini della baraccopoli di Dharavi, a Mumbai, sono stati ricoverati in ospedale in seguito ad ustioni cutanee causate dal contatto di questi colori sintetici con la pelle. Diverse associazioni stanno portando avanti campagne di sensibilizzazione per fare in modo che le persone tornino il più possibile ad utilizzare colori naturali, ricavati dai fiori essiccati, che si possono facilmente produrre anche in casa.
Nonostante tutto questo, Holi rimane sempre una festa importante per tutto il popolo indiano, capace di consolidare i legami sociali e appianare ogni conflitto. Una festa durante la quale le discordie e i problemi vengono momentaneamente messi da parte e tutti, almeno per un giorno, possono sentirsi veramente uniti.